La corazzata Potemkin 1925

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leporello
view post Posted on 26/5/2014, 21:36




La corazzata Potëmkin (rus. Бронено́сец «Потёмкин», Bronenosec Potëmkin ) č un film sovietico di Sergej Ejzenštejn. Si tratta di una delle piů note e influenti opere della storia del cinema, e per i suoi valori tecnici ed estetici č generalmente ritenuto fra i migliori film di propaganda nonché una delle piů compiute espressioni cinematografiche.Prodotto dal primo stabilimento del Goskino a Mosca, fu presentato il 21 dicembre 1925 al teatro Bol'šoj. La prima proiezione aperta al pubblico avvenne il 21 gennaio 1926.
Il film č ambientato nel giugno del 1905; i protagonisti della pellicola sono i membri dell'equipaggio della corazzata russa che dŕ titolo all'opera, ed č strutturato in cinque atti. I fatti narrati nel film sono in parte veri e in parte fittizi: in sostanza si puň parlare di una rielaborazione a fini narrativi dei fatti storici realmente accaduti e che portarono all'inizio della Rivoluzione russa del 1905. Infatti – ad esempio – il massacro di Odessa non avvenne sulla celebre scalinata, bensě in vie e stradine secondarie, e non avvenne di giorno ma di notte.[3]

Lo stesso regista ha suddiviso la trama dell'opera in cinque atti, ognuno con un proprio titolo:
1.Uomini e vermi
2.Dramma sul ponte
3.Il morto chiama
4.La scalinata di Odessa
5.Una contro tutte

Atto I: Uomini e vermi[modifica sorgente]

La corazzata Potëmkin č ancorata al largo dell'isola di Tendra: durante la distribuzione di una razione di cibo i marinai si accorgono che la carne riservata all'equipaggio č deperita a tal punto da ospitare numerose larve di insetti. I marinai protestano e, capeggiati dal valoroso Grigorij Vakulinčuk (interpretato da Aleksandr Antonov), chiedono alle autoritŕ della nave una razione a base di cibo sano; per tutta risposta le autoritŕ convocano il medico di bordo, il quale nega l'evidenza, affermando che la carne dell'equipaggio č buona e perfettamente commestibile e invita l'equipaggio a mangiarla senza fare storie. Il rifiuto dell'equipaggio di accettare questa imposizione comporta l'ordine, da parte dei comandanti, di fucilare chiunque rifiuti di nutrirsi con la carne in questione. Alcuni di essi cedono al ricatto (gli ufficiali, i sottufficiali e qualche marinaio) e mangiano la loro parte, ma altri rifiutano e vengono raggruppati sul ponte della corazzata, sotto un telone davanti al plotone di esecuzione, in attesa di essere fucilati come monito per tutti coloro che osano anche solo immaginare una insubordinazione.

Atto II: Dramma sul ponte
Tutti coloro che rifiutano il cibo vengono giudicati all'istante colpevoli di insubordinazione e, senza regolare processo, portati sul bordo del ponte dove ricevono i riti religiosi riservati ai condannati a morte. Davanti al plotone di esecuzione nessuno di loro mostra rimorso, convinti di ciň che stanno facendo; giunto il momento, il comandante dŕ l'ordine di aprire il fuoco ma, sorprendentemente, i soldati del plotone di esecuzione, anziché sparare, abbassano le canne dei fucili, dando il via all'inizio della rivolta. I marinai sono male armati ma in soprannumero rispetto agli ufficiali, il che consente loro di prendere ugualmente il controllo della nave. Gli ufficiali vengono uccisi e il medico che aveva giudicato buona la carne viene gettato in acqua.

Atto III: Il morto chiama
L'ammutinamento tuttavia ha un prezzo altissimo dato che negli scontri molti restano uccisi: tra essi anche Vakulinčuk, capo carismatico dei rivoltosi che hanno preso possesso della nave. Durante la rivolta, infatti, l'ufficiale in seconda della nave scarica l'intero caricatore della sua pistola contro il marinaio, senza lasciargli scampo. Arrivati nel porto di Odessa, il cadavere del marinaio Vakulincuk viene trasportato a terra ed esposto pubblicamente dai suoi compagni in una tenda con un amaro cartello appoggiato al petto: "Morto per un cucchiaio di minestra". Tutta la popolazione si raduna per rendergli l'estremo saluto e inneggia a lui come ad un eroe, manifestando pubblicamente il proprio appoggio con comizi e ovazioni di gruppo, ma attirandosi inevitabilmente le attenzioni della severa polizia zarista
Atto IV: La scalinata di Odessa
Sulla scena irrompono i cosacchi dello zar, che, per rappresaglia, iniziano a marciare verso la folla inerme con i fucili puntati. Il popolo scappa, dimostrando di non avere intenzioni bellicose nei confronti dei soldati, i quali perň si rivelano inflessibili, facendo fuoco, sparando e travolgendo tutto ciň che trovano a tiro: uomini, donne e bambini indifesi. La scena č diventata famosissima: i soldati vengono mostrati solo attraverso dettagli che li rendono impersonali, inflessibili (gli stivali che marciano e che calpestano le vittime, i fucili che sparano), mentre la gente di Odessa cade in sequenze estremamente enfatiche e violente come quella della morte della madre, inquadrata ben due volte (ripetizione poetica,degli occhiali di una donna anziana frantumati da una sciabolata e della carrozzina che rotola giů dalla scalinata. I soldati non accennano a voler smettere il massacro: i marinai della Potëmkin decidono allora di sparare su di loro con i cannoni della corazzata. Intanto giunge la notizia che una flotta di navi dello zar sta arrivando nel porto per soffocare la rivolta della Potëmkin.
Atto V: Una contro tutte I marinai della Potëmkin decidono di andare fino in fondo e conducono la corazzata fuori dal porto di Odessa per affrontare la flotta dello zar. Quando ormai lo scontro sembra inevitabile, i marinai delle navi zariste si rifiutano incredibilmente di aprire il fuoco contro i loro compagni, esternando con canti e grida di giubilo la loro solidarietŕ verso gli ammutinati e consentendo loro di passare indisturbati attraverso la flotta, sventolando la bandiera rossa.
Produzione



La nave da guerra corazzata Potëmkin
Nel 1925 ricorreva il ventesimo anniversario della rivolta del 1905 e per celebrare l'evento si decise di girare alcuni film commemorativi. Una delle persone che si mise in moto per scrivere un copione fu la scrittrice di origine armena Nina Agadžanova-Šutko. La Agadžanova-Ŝutko eseguě degli studi storici e si documentň a fondo sull'argomento per scrivere una sceneggiatura valida. Una volta terminata, la propose al comitato responsabile delle celebrazioni e questo comitato (appositamente costituito dal governo) decise di approvare e finanziare il progetto della scrittrice. La regia venne affidata senza troppe esitazioni al giovane ventisettenne Ejzenštejn che si era distinto all'inizio di quello stesso anno per il suo film di esordio Sciopero!,[5] raccomandandogli perň di riuscire a terminare l'opera entro l'anno.

Il progetto originario della Agadžanova-Ŝutko non prevedeva un singolo film, ma un'opera divisa in otto distinti episodi che raccontavano la vita di quegli anni in un grande affresco che partiva dalla guerra russo-giapponese, combattuta dall'Impero russo e dall'Impero Giapponese tra il 1904 e il 1905 per il possesso della Manciuria e delle zone limitrofe.

Dopo le prime scene girate ad aprile a Leningrado, un periodo di insistente maltempo convinse la troupe a trasferirsi ad Odessa dove era previsto che si girassero le scene riguardanti lo sciopero dei portuali e l'ammutinamento della corazzata Potëmkin. Ejzenštejn giŕ da tempo pensava che il progetto fosse troppo ambizioso e difficile da terminare entro i tempi previsti imposti dal governo. Analizzando ad Odessa lo stato della produzione, il regista si rese conto che sarebbe stato impossibile realizzare tutto il progetto entro la data fissata, e scelse quindi di proporre al Goskino di realizzare solo l'episodio della Potëmkin, che nella stesura originale della sceneggiatura scritta dalla Agadžanova occupa meno di 50 righe. Anni dopo lo stesso Ejzenštejn avrebbe precisato che aveva scelto proprio quell'episodio anche per via del grande fascino che la scalinata di Odessa aveva esercitato su di lui e che egli stesso cosě descrisse:

« Fu proprio la scalinata con il suo "movimento" a suggerire l'idea della scena e a provocare, con la sua fuga, la fantasia del regista, dando origine a una nuova "forma a spirale" »
(Sergej Mikhajlovič Ejzenštejn)

Si recň a Mosca per esporre il suo nuovo progetto e al termine di una trattativa ottenne l'approvazione dell'autoritŕ per la nuova idea concepita. Stese in breve tempo la sceneggiatura del film, basata sulle 50 righe del testo originale del progetto, con la collaborazione del suo aiutante Grigorij Aleksandrov.

Riprese



La Scalinata Potëmkin




Il porto di Odessa ai nostri giorni
Dopo l'approvazione del Goskino, Ejzenštejn e i suoi cinque assistenti (Aleksandrov, Strauch, Antonov, Gomarov e Levsin), piů l'operatore Eduard Tisse, ritornarono ad Odessa per dare il via alla produzione del film. Il regista cominciň ad effettuare le prime selezioni per il cast ma alla fine si convinse che un attore famoso non avrebbe potuto rispecchiare molto la collettivitŕ e le persone normali e decise, quindi, di affidare molte delle parti ad attori non professionisti scelti tra i marinai e tra gli abitanti delle cittŕ di Odessa e Sebastopoli. Furono scelti dal regista anche alcuni attori professionisti, membri di una compagnia teatrale locale. Assegnate le parti, la produzione incontrň un altro ostacolo perché le scenografie che dovevano sostituire la corazzata Potëmkin (fuori servizio dal 1918 e demolita tra il 1922 e il 1924) non erano gradite al regista, che le giudicava insufficienti per un'opera di qualitŕ; fu cosě che Ejzenštejn chiese e ottenne dopo una lunga trattativa di poter usare la nave gemella della Potëmkin, la Corazzata Dodici Apostoli, che perň giaceva arrugginita e in disarmo da alcuni anni, e lo stato di totale abbandono era tale da renderla inutile perfino come teatro di posa per le riprese. Si rese necessaria, quindi, un'operazione di parziale verniciatura e rapido restauro essenziale, per consentire alla nave di apparire come nuova e restare a galla il tempo sufficiente per le riprese del film.Risolti gli inconvenienti tecnici e burocratici, Ejzenštejn e il suo staff si dedicarono anima e corpo alle riprese lavorando a ritmo forsennato fino ai primi di dicembre. La produzione richiese molti mesi a causa del perfezionismo del regista, che voleva ripetere le scene molte volte per sicurezza. Anche se le giudicava soddisfacenti, cercava sempre di fare meglio, e spesso il set lavorava un giorno intero per produrre solo poche sequenze comunque scartate dal regista. Inoltre, per via di alcuni problemi organizzativi, in un paio di occasioni il lavoro dovette fermarsi del tutto per alcuni giorni avvicinando pericolosamente la data imposta dal governo per l'ultimazione della pellicola.

Accoglienza



Il Teatro Bol'šoj, sede della prima proiezione
Terminate le riprese, il film venne montato in soli 12 giorni per via della mancanza di tempo. Il giorno della prima proiezione, il 21 dicembre 1925 al Teatro Bol'šoj, gli ultimi rulli della pellicola non erano ancora stati montati del tutto e il regista dovette necessariamente rinunciare ad assistere alla proiezione dalla sala per poter andare in cabina di proiezione a completare il montaggio, che quindi venne ultimato mentre la pellicola veniva giŕ proiettata per il pubblico in sala. Si racconta che, avendo finito il collante, il regista fosse stato costretto ad usare la propria saliva.
Alla prima al Teatro Bol'šoj il film ottenne un'accoglienza trionfale da parte di tutti i dirigenti dell'URSS. Esattamente un mese dopo (21 gennaio 1926) venne distribuito commercialmente nelle sale cinematografiche sovietiche.

Critiche e diffusione
Nonostante il trionfo alla premičre del 21 dicembre, l'uscita nelle sale cinematografiche nazionali ebbe un medio riscontro di pubblico,contrariamente ai pronostici di un grande successo. Le autoritŕ cominciarono a considerarlo come una spesa di propaganda, piů che come un investimento, ma le sorti del film si capovolsero in seguito ad una fortuita proiezione alla presenza del regista al Kamera Theater di Berlino. Il successo del film crebbe in modo esponenziale in tutta l'Europa orientale, venendo acclamato come un capolavoro assoluto e consentendo al Goskino di recuperare i soldi spesi per la realizzazione.

Nel mondo del futuro blocco sovietico, la diffusione fu rapida e capillare; l'esatto contrario di ciň che accadde nel mondo occidentale, in cui bisognň attendere ancora molti anni per poterlo vedere.

Tra l'inizio degli anni sessanta e gli ottanta il film riuscě a superare la barriera imposta dalla guerra fredda, arrivando ad essere proiettato (in cinema d'essai e in privato) anche in paesi che erano al di fuori dall'influenza sovietica. Con la distensione dei rapporti tra USA e URSS nel corso degli anni ottanta, la diffusione della pellicola ha avuto un nuovo periodo di espansione e arrivň anche ad essere trasmessa nottetempo da alcune televisioni.

Negli ultimi anni grazie al mercato dell'home video e dei nuovi supporti digitali, il film ha raggiunto un livello di diffusione e commercializzazione planetario. Oggi č possibile trovarlo in vendita in molti negozi in tutto il mondo.

Regia
« Quando si parla del Potëmkin si osservano in genere due aspetti: l'unitŕ organica della composizione nel suo complesso, e il pathos del film… Il Potëmkin sembra una cronaca (o cinegiornale) di avvenimenti, ma in realtŕ colpisce come il dramma. E il segreto di questo effetto consiste nel fatto che il ritmo della cronaca si adatta alle leggi rigorose della composizione tragica; e, piů ancora, della composizione tragica nella sua forma piů classica: la tragedia in cinque atti… »
(Sergej Mikhajlovič Ejzenštejn, 1939)




Il leone dormiente




Il "cine-pugno" del primo piano della madre straziata
Per organicitŕ, Ejzenstejn fa riferimento al modo in cui la natura stessa struttura il suo creato: riversando il pensiero nell'arte cinematografica, egli si pone il problema della percezione, da parte dello spettatore, dell'opera come unicum e della sua struttura interna, che dovrŕ riflettere quello dello stato naturale delle cose, ossia la crescita A questo proposito, il modello di riferimento per lo sviluppo dell'opera fu la sezione aurea.

Nonostante la struttura cronachistica della trama, il Potëmkin č strutturato nel rispetto della costruzione della tragedia classica: i cinque atti sono uniti tra loro da un crescendo che sposta la percezione del dramma dal singolo all'intero equipaggio, per divenire questione sociale e comunitaria, simbolo della fratellanza e della rivolta. L'unico momento di interruzione del crescendo avviene con l'episodio della morte di Vakulincuk e delle nebbie nel porto. Non a caso, comunque, il grido "fratelli!" compare nel secondo e terzo atto, prima della scena della scalinata.

Ejzenstejn prosegue la sua poetica del "Cine-pugno",vale a dire la rappresentazione di eventi reali tramite immagini forti improvvise e capaci di travolgere gli spettatori con uno shock e trasmettere emozioni, opponendosi fermamente al "Cine-occhio sostenuto con vigore dal suo collega contemporaneo Dziga Vertov. Esempi classici di "cine-pugni" sono il primissimo piano del volto della madre terrorizzata nella celebre scena della scalinata, oppure il dettaglio della donna colpita da una sciabolata che le ha frantumato gli occhiali.

Il "montaggio delle attrazioni" (vedi prossimo paragrafo) crea un senso di caos e smarrimento dello spettatore, con gli eventi mostrati velocemente e in maniera frammentaria: Ejzenstejn non finisce mai la narrazione di una scena, ma accumula una violenza dopo l'altra, senza dare allo spettatore il tempo di capire appieno, catapultandolo al cuore degli eventi.Ejzenstejn riprende senza timore e pudore le scene di morti cruente per trasmettere allo spettatore l'orrore e le sensazioni reali di chi ha vissuto quella scena e portarlo a parteggiare e schierarsi dalla parte dei rivoltosi. Usa raramente i movimenti della macchina da presa, per fingere un aspetto documentaristico dell'opera e renderla quasi un reportage fotografico grazie alle sue inquadrature fisse montate ad alta velocitŕ.

Le rare volte in cui Ejzenstejn usa il movimento di macchina lo fa per conferire ansia alla narrazione. Per esempio, la discesa dei soldati sulla scalinata č girata muovendo la cinepresa rasoterra per seguire gli stivali, e far quasi percepire agli spettatori i passi dei cosacchi alle loro spalle.

Montaggio
La pellicola č quindi caratterizzata da un uso estremamente intenso del montaggio; Ejzenstejn decise infatti di usare questo strumento di linguaggio filmico per dare movimento e un senso di frenesia alla narrazione. In pratica il regista scelse di montare inquadrature che raramente superano la durata di 3 secondi, e molte di queste riguardano soggetti dall'effetto disturbante per lo spettatore (cadaveri di donne e bambini).

In questo film Ejzenštein applicň la teoria del montaggio delle attrazioni, giŕ usata in Sciopero, secondo la quale lo spettatore non doveva fruire passivamente la storia (secondo lo stile giŕ canonico del cinema narrativo), ma doveva essere scosso dalle immagini e partecipare attivamente alla ricomposizione del senso della storia. Per arrivare a questo le immagini non dovevano mostrare chiaramente i soggetti e le azioni, ma dare delle tracce solo parziali, magari eterogenee e a volte incomprensibili, che portassero lo spettatore ad avere nuove associazioni di idee. Nelle scene concitate si vede particolarmente bene l'effetto di caos delle immagini che si trasmette allo spettatore investendolo di angoscia e smarrimento come se stesse partecipando agli eventi.
Anche le schermate con le didascalie contribuiscono al ritmo forsennato del film tramite scritte del tipo "Ma…" e "Improvvisamente.
Simbolismo
Ejzenstejn ricorre anche al simbolismo (che caratterizza tutta la sua produzione). In particolare va sottolineato come la commiserazione viene tramutata in spirito di rivolta contro la tirannide degli oppressori, espresse tramite diverse scene tra cui la piů importante č quella in cui vengono riservati omaggi al cadavere del defunto Vakulincuk.
Le inquadrature sull'enorme bocca di cannone riempiono l'intero schermo e trasmettono allo spettatore l'immagine del potere e della potenza della violenza e della distruzione, ma allo stesso tempo il cannone č un importante veicolo indispensabile per i rivoltosi per il raggiungimento del fine prestabilito.Altro importante simbolismo nell'opera sono le tre rapide inquadrature delle statue del leone, che raffigurano le tre fasi della rivolta. Le tre statue sono apparentemente molto simili, ma un osservatore attento puň notare come la prima raffiguri un leone dormiente, simbolo del popolo che sopporta l'angheria in silenzio senza reagire; la seconda raffigura il leone che si risveglia, chiaro riferimento al popolo che raggiunge il limite della sopportazione e si ribella contro il potere tiranno; la terza rappresenta un leone rabbioso mentre ruggisce, raffigurazione inequivocabile del popolo che reagisce violentemente e rovescia il potere.
La scalinata di Odessa
« …nell'epica sequenza della scalinata, morti e feriti giacciono riversi sui gradini. L'inquadratura riprende volti umani cosparsi di sangue e inondati di lacrime. Subito dopo, riprende anche i cosacchi che sparano sulla folla, ma lo spettatore non vede che i loro stivali: non sono piů uomini, ma stivali che calpestano volti umani. E tanto stupidi e infami essi ci appaiono che istintivamente lo spettatore si ribella. Ecco l'effetto metaforico del film. »






Fotogramma della carrozzina




Fotogramma della carrozzina
La scena piů conosciuta del film č la strage, ad opera dei soldati, della popolazione che solidarizzava con i marinai del Potëmkin sulla scalinata. Questi scendono i gradini secondo una marcia ritmata. Davanti a loro, insensibili anche di fronte a una madre con in braccio il figlio ferito a morte, la folla terrorizzata cerca di mettersi in salvo fuggendo da tutte le parti. La sequenza si chiude con la celebre caduta della carrozzina lungo la scalinata, spinta dalla madre morente colpita dalla scarica dei fucili. La scena č diventata talmente popolare che la scalinata oramai viene generalmente chiamata Scalinata Potëmkin.
Significato
 
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