The Wrestler, di Darren Aronofsky

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Moon Scythe
view post Posted on 20/10/2009, 00:20 by: Moon Scythe




Occasus. Tutto scorre inconsapevolmente, senza un ordine o una spiegazione dei motivi che determinano una caduta dal Paradiso o, volendo, un rientro infuocato nell'atmosfera. Si respira a fatica per via dell'attrito che arroventa il corpo, sfrigolando nell'aria come un pensiero improvviso. The Wrestler è un'occasione per perdere il proprio organigramma, ossia un modo per condizionare un ruolo determinato. E la libertà consiste nel raccattare i propri resti sparsi da tempo sul selciato, accorgendosi troppo tardi che quei pezzi sono tutto ciò che rimane della vita. Aronofsky è riuscito a restituire l'emozione di un rientro dall'orbita, di un ritorno dagli alti gradi del successo alla monotona verità della routine e della solitudine. Il Paradiso non è soltanto una lenta costruzione semantica (nel senso che il Paradiso possiede un significato definitivo, immacolato, prodotto dai secoli e giunto sino a noi come una Terra percorsa da una a-verità consolatoria), ma è anche la costruzione artificiale di un mondo che non regge il confronto con la Storia. Montare la sua perenne stabilizzazione significa aderire ad un artificio: droghe, antidolorifici, wrestling, cinema. La pellicola che scorre e ci conduce all'epilogo già programmato da una Volontà, e che non possiamo modificare, non è solo un'azione di maquillage che si svolge davanti ai nostri occhi, ma è l’Accaduto, una necessità intrinseca al cinema. Ebbene ritengo che The Wrestler riesca a mostrare in parte il meccanismo, a proporre la visione dal basso per rimediare al presupposto di partenza: siamo in un film e nonostante la dittatura del regista-montatore (qui anche di Rourke) che impone un suo spazio e un suo tempo, possiamo anche sbarazzarci di questo film tramite la sua espulsione dal ring. Pertanto il ring che avvolge l'ex vita-paradiso di Randy è anche lo spazio entro il quale si forma un mondo, entro il quale si sviluppa una performance, anche se dolorosa, un gioco che in fondo si gioca per la fama (e per il denaro). Una volta abbandonato il ring ma ancora lacerato da tagli e punti metallici Randy sarà costretto a scoprire che il dolore e la solitudine non rientrano nel montaggio. Affettare la carne in un altro ring (l'ingresso di Randy accompagnato dall'urlo del pubblico evaporato al di là della porta a liste che separa lo spettacolo dal negozio-ricettacolo), anche se pericoloso, non comporta nessuna formazione, ma solo formalità (ad esempio il peso "giusto" del cibo sulla bilancia preteso con ostinazione dall'anziana signora). Pertanto la scoperta dell'ineluttabile ritorno al continuum spazio-temporale, con la macchina da presa che lo segue passo dopo passo, come per dissimulare un'assenza di tagli e suture (la vita non ha montaggio), rappresenta anche la delusione per l'assenza o la rarefazione di un montaggio rassicurante. Mentre nel gioco l'accordo è la base di una buona riuscita (i wrestler che si accordano sui colpi da dare e sulle cadute da fare), al di fuori di esso l'accordo è sottomesso alla casualità degli eventi, è il tramonto di ogni proposito. Inutile programmare una strategia senza quei mille metri di pellicola, inutile senza uno storyboard , ma con in tasca un semplice invito. Le cose non vanno al loro posto e Randy rientrerà nello spettacolo per chiudere con l'ultimo fotogramma che assorbe la luce.

Ortus. La nascita è nel flusso sinuoso del corpo di Cassidy (qui interpretata da una sensuale Marisa Tomei), nel suo contorcersi, ondeggiare, vibrare davanti allo sguardo impietrito. Cassidy è allo stesso tempo un corpo e l'anticorpo di Randy. Corpo perché porta in sé la nascita, la fecondità, la passione che cattura la vista, i due piercing sui capezzoli, due anellini, due ring assorbenti (a differenza del palcoscenico-ring del Wrestling che espelle corpi dal suo spazio). Anticorpo perché la pelle di Cassidy non è scolpita dalle ferite sanguinanti e dolorose, ma percorsa dall'inchiostro debole e accogliente dei tatuaggi. I punti essenziali per entrare nel ritmo incalzante di una storia d'amore (anche sui generis) erano tutti allineati sul banco, ma Aronofsky è riuscito a non farsi trascinare nelle affinità amatoriali dei due personaggi e nello sfregamento evidente dei due corpi, proponendo due simmetrie-asimmetriche (1), mostrando, attraverso le loro affinità, la loro differenza. Rinunciando ad una storia d'amore (e questo a prescindere da un happy end o da un epilogo tragico) Aronofsky preferisce non "far nascere" il classico rapporto d'amore che potremmo aspettarci. Cassidy e Randy si amano in un modo diverso che non corrisponde agli usuali canoni ripetutamente formulati ed evidenziati da tanta letteratura (che sia romanzo o cinema). L'amore tra i due personaggi è forte ma non rispecchia la "volontà" comune, gli obblighi razionali che ognuno si aspetterebbe. Quando Randy si lamenta di essere l'unico e assoluto responsabile della sua solitudine, Cassidy non lo consola pronunciando l'attesa frase ("Ma hai me!”), ma fa molto di più: accetta la condizione attuale di Randy con tutto l'amore della sua espressione, con la forza del suo sguardo. Il senso non si trasmette attraverso la densità del vissuto (Randy e il suo rapporto traumatico con la figlia, la sexy Cassidy che è anche mamma di un bimbo di nove anni) e non si sviluppa attraverso le aspettative di un amore coniugato ad un "rapporto" di coppia, ma si incanala negli sguardi e nell'empatia della coppia trascinandosi in un altrove dove l'amore potrebbe essere anche un percorso (nascita, sviluppo e probabile morte), ma è qui innanzitutto un "esistente". Da questo scaturisce secondo me la forza del film, l'intensa e dirompente forza delle emozioni, la capacità del vissuto di aprire una breccia nel cuore dello spettatore.

(1) L'ossimoro vuole sintetizzare l'empatia tra Randy e Cassidy, perché le loro storie particolari possono sembrare in un certo senso molto simili: sono soli, hanno figli (lei ha un bambino ma Randy potrebbe anche riconquistare una figlia), calcano palcoscenici "estremi" (lap dance e spogliarello lei, wrestling lui), la loro pelle è scolpita (cicatrici lui, tatuaggi lei, segno e disegno), sono a fine carriera (troppo vecchio lui per continuare a combattere, troppo in su con gli anni lei per continuare a spogliarsi), eppure sono ancora abili (il suo stile di lotta è sempre valido, la bellezza di Cassidy è ancora intatta se non migliorata con l'età).

Edited by Moon Scythe - 20/10/2009, 23:47
 
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