Io non l'ho trovato così patriottico.
Fra l'altro la sceneggiatura è ispirata all'omonimo libro, tradotto in italiano come "Eravamo giovani in Vietnam", scritto a quattro mani dallo stesso Moore e da Joseph Galloway, il giornalista che si fa portare sul campo di battaglia.
Frasi come "di' a mia moglie che le voglio bene" e "sono contento di morire per il mio paese" gli americani ce li infilano ogni due per tre. Magari lo dicono veramente, magari no ... le prendo sempre col beneficio del dubbio.
Il colonnello Moore non mi è sembrato un massacratore sanguinario, ma uno che va in guerra eseguendo degli ordini che porteranno i suoi uomini al massacro.
Infatti gli americani ne escono subito a mal partito, anche se sparano a loro volta e uccidono.
E' vero che si presta solo attenzione ai morti americani, ma non perché alcuni morti siano più importanti di altri. Visto che gli autori del libro stavano fra le linee americane, avranno visto solo quelli.
Secondo me la scena della conta dei morti è un modo per denunciare l'inutilità della guerra, non è certo un'esaltazione.
E' vero, nel film non si vedono civili, ma due ore di film non riassumono certo né tutta una battaglia, né tutta la guerra. Nessuno vuole certo negare il coinvolgimento dei civili.
Baci baci
Ilaria Cole