Arancia meccanica, di Stanley Kubrick

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-vivienne-
view post Posted on 17/8/2009, 22:06




Questo film ha accompagnato tutta la mia adolescenza O.O
 
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Moon Scythe
view post Posted on 20/10/2009, 00:36




La quinta sequenza è una delle più complesse, più elaborate, più contraddittorie e contravvenienti sequenze della storia del cinema: una sequenza in altre parole disturbante perché trascina la gioia nell’incubo, la “polarizzazione” dell’evento nella contraddizione di inquadrature apparentemente confusionarie e antitetiche. L’effetto teatrale tipico delle sequenze precedenti si alterna all’effetto reportage, il grandangolare che deforma lo spazio (in questo caso le stanze e l’ingresso di casa Alexander) si avvicina ai due protagonisti trasformando il volto di Alexander in una maschera tragica e il naso posticcio di Alex in uno strumento fallico che preannuncia l’epilogo. L’apparente calma della casa è mostrata nella tranquillità di una posa teatrale con due quinte: un muro con porta alla sinistra di chi osserva e una libreria posta dietro il Sig. Alexander colto nell’atto di scrivere seduto a un tavolo (ma questa prospettiva sarà smentita da una seguente inquadratura che riallinea lo spazio, restringendolo). Questa staticità viene accentuata da una carrellata laterale, dopo il suono del campanello simile all’incipit della quinta sinfonia di Beethoven, che scorre a mostrare il fuori campo, inquadrando il soggiorno in cui vediamo una donna intenta a leggere seduta in una poltrona-astronave. La donna si alza e si allontana uscendo dalla porta posta in fondo. L’inquadratura seguente (un corridoio con specchi), pur assimilando e riprendendo la staticità della scena precedente, preannuncia già un cambiamento, in quanto lo spazio viene amplificato (effetto Droste) a causa degli specchi posti ai lati delle pareti, illudendoci (il pavimento-scacchiera e la donna in rosso si moltiplicano all’infinito) di percorrere il labirinto degli specchi dei Luna Park. Il gioco inizia e con esso la separazione semantica dell’ultraviolenza nelle sue componenti drammaticamente inconciliabili. I Drughi, che imperversano tra gli specchi moltiplicandosi in un esercito bianco e gioioso, si proiettano “liberi” verso il loro abisso moraled ove alternanza di inquadrature “statiche” e teatralisi alternano ad inquadrature “dinamiche”. Superlativa l'inquadratura con il primo piano di uno dei drughi che rotea il corpo della donna tenuta sulle spalle in senso orario, movimento accentuato dalla camera a mano (magistralmente impugnata da Kubrick stesso) che rotea in senso antiorario intorno ai due personaggi, poi interrotto dal primo piano del volto del sig. Alexander tenuto forzatamente a terra da un secnodo drugo. Quando giunge il fischio-ciak di Alex per riposizionare i personaggi, seguono le inquadrature più sconvolgenti e belle: campo totale di Alex che accenna un passo di danza canticchiando Singin’ in the Rain. La canzone diventa così “musica” che accompagna la violenza subita dai due malcapitati, mentre nel campo totale il ritmo dei calci e degli schiaffi, che Alex propina all’uomo ancora per terra e alla donna che si trova sempre sulla spalla del drugo, diventa accompagnamento sinfonico della voce. La gioia dei calci dati al marciapiede inzuppato dalla pioggia, che Gene Kelly distribuisce saltellando sulle pozzanghere dello stesso Cantando sotto la pioggia, si trasferisce in un ritmo infernale nella gioia dei Drughi, nel gusto irrinunciabile alla violenza. Ma l’angoscia di questo apparente caos, questo rimescolamento di metodi diversi nel muovere la macchina da presa, questi contrasti tra le riprese creano simmetrie ed asimmetrie che oserei definire interne/esterne allo spazio scenico. In fondo davanti a noi quello che tecnicamente sembra lo sguardo in macchina di Alex e che è l’incontro deformato dei due Alex(ander) (il drugo e lo scrittore), nell’immagine in sé. Nell’asimmetria e nella convulsione delle inquadrature (solo apparentemente casuali ma in realtà giustapposte senza lasciar spazio a dubbi e incertezze) si amalgamano due punti di vista allo stesso tempo distanti e (con)fusi: la gioia espressa da una canzone-simbolo del cinema classico, oltraggiata da un uso “moderno”, si spegne nello sguardo del “fratellino” che ricorderà la lacerazione di quella musica. L’immedesimazione che si realizza in un’incontro di sguardi e in una richiesta (“Guarda bene, fratellino, guarda bene!”) e che non persiste, tornerà a galla in un’altra sequenza a causa di una canzone che, mentre per Alex il drugo è la gioia incontenibile di Gene Kelly, per Alex(ander) lo scrittore è l’orrore di un momento. Una simmetria che si stabilisce tra sequenze (la stessa canzone) ma anche una asimmetria (il ricordo di quella canzone) che stabilisce un punto di vista. Questo scambio in effetti procura un dolore fastidioso, trascina dentro e fuori la gioia di Alex, fuori e dentro la sofferenza di Alex(ander). Immedesimazione e distanza, coinvolgimento e sguardo asettico, teatro e pubblico separati da un diaframma ma anche coinvolgimento “violento” che trascina dentro l’azione, dentro e fuori allo stesso tempo, gioia e dolore (vite e morte) temi domina(n)ti dall’ultraviolenza, fusi e confusi nell’estremo suono (gioia-dolore di Alex) dell’Inno alla gioia.

Edited by Moon Scythe - 21/10/2009, 00:09
 
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volturo
view post Posted on 20/10/2009, 13:28




mi è piaciuto questo film però nn mi ha gasato come gli altri di kubrick,nn lo rivedrei...per me la parte più bella è dopo che alex ha fatto la cura lodovico,e viene rinchiuso in quella stanza a casa del tipo che aveva pestato in precedenza,e lui gli fà sentire la musica che odia
 
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47 replies since 20/8/2006, 14:23   2619 views
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