Stalker, di Andrej Tarkovskij

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Moon Scythe
view post Posted on 19/10/2009, 20:01 by: Moon Scythe




Stalker

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Paese: URSS/Germania Est
Anno: 1979
Durata: 163 minuti
Colore: Colore / B/N
Audio: Sonoro
Genere: Fantascienza, Film d'Autore
Regia: Andrej Tarkovskij
Sceneggiatura: Arkadi e Boris Strugackij e Andrej Tarkovskij
Interpreti e personaggi: Aleksandr Kajdanovskij: Stalker, Anatolij Solonicyn: Scrittore, Nikolaj Grin'ko: Professore, Alisa Frejndlikh: Moglie dello Stalker, Nataša Abramova: Figlia dello Stalker
Fotografia: Aleksandr Knyazhinskij
Montaggio: Ljudmila Fejginova
Musiche: Eduard Artemyev
Scenografia: Andrej Tarkovskij
Premi:
Festival di Cannes 1980: Premio della giuria ecumenica
Fantasporto

Un intellettuale e uno scienziato - rispettivamente chiamati "Scrittore" e "Professore" per tutta la durata del film - si avventurano nella "Zona", un territorio rurale desolato e in rovina dove le normali leggi fisiche sono state stravolte per cause ignote. Si vocifera che la Zona - isolata da un cordone di sicurezza governativo, in cui tuttavia gli stessi militari non osano spingersi - contenga una stanza in cui si possono avverare i «desideri più intimi e segreti»: è questo il luogo che i due uomini vogliono raggiungere. Per affrontare il viaggio con qualche sicurezza, i due ingaggiano uno "Stalker", una guida illegale esperta del territorio.
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Ogni film è un'esperienza. Anche il più brutto, il più stupido, il più insulso rappresenta una incursione multisensoriale in un terreno nuovo, vivida e circoscritta nel tempo. Ogni film è pertanto un viaggio, una esplorazione, uno scandagliamento di chissà quali realtà. Come un'ascensore diretto verso il centro della terra, ogni film è in grado di trasportarci verso livelli assai diversificati di profondità. Ci si può fermare alla superficie, o via via, si può scendere fino al cuore pulsante delle cose, dove tutto è magma ribollente. C'è un film che, più di tutti gli altri, racchiude magnificamente in sè questo concetto. E' un film grande e terribile come un abisso, viaggio ed esplorazione metafisica. Magnifico come solo sanno esserlo le grandi opere d'arte. Tarkovskij. "Stalker".
Siamo nel territorio, assai caro al cineasta russo, della fantascienza filosofica. Come in "Solaris" anche in "Stalker" la forma è quella di plumbeo racconto futuribile, con qualche esiguo elemento di pura sci-fi. Il contenuto, invece, travalica immediatamente i canoni di un genere per farsi apologo filosofico e riflessione teologica alta. Partiamo dal titolo, enigmatico e sublime. Lo Stalker, dall'anglosassone to stalk, è una sorta di accompagnatore, una guida, un iniziato pronto a condurre chiunque lo desideri fervidamente alla scoperta del suo segreto:
SPOILER (click to view)
la Zona. Lo Stalker, un semplice, un "puro di cuore", ha fatto della Zona la sua unica ragione di vita. La Zona è un territorio, una sorta di immaginifica dimensione altra, dove, a detta dello Stalker, si avvera qualsiasi desiderio di chi ne varca la soglia. La Zona, sinonimo di Dio. Chiaro come il sole. La Zona è pericolosa, può rappresentare il vero riscatto individuale delle persone, può affrancarle da qualsiasi sudditanza o forma di alienazione. Per questo la Zona è stata posta sotto sequestro armato e la sua esistenza viene sistematicamente smentita dalle autorità civili e militari. Tentare di avvicinarsi ad essa significa mettere a repentaglio la propria vita. Lo Stalker, testimone e martire, è ovviamente pronto a farlo, pur di convincere gli scettici: un poeta ed uno scienziato. E' così che comincia il favoloso (nel senso di "simile alla favola") percorso dei tre protagonisti del film: lo Stalker, il poeta, lo scienziato. Al termine di un cammino faticoso e disseminato di trappole, i tre giungeranno alle soglie del Mistero ma non saranno in grado di compiere l'atto estremo di coraggio richiesto per varcarne l'ingresso: credere.

In "Stalker" c'è davvero tutto Tarkovskij. La sua arte e la sua poesia in questo film raggiungono una nuova vetta. E ancora una volta il cinesta russo, figlio degenere di un paese che lo ha sempre osteggiato, riesce nell'impresa di rappresentare il non rappresentabile, di rendere con il linguaggio dell'immanenza (il linguaggio del cinema) quello che brucia nel cuore dell'uomo contemporaneo: lo smarrimento e la ricerca di senso. Grande anche l'aspetto tecnico e visivo della realizzazione del film: il mondo all'esterno della Zona è dominato dalle ombre e da una tonalità grigio cinereo, la Zona invece vive e pulsa con tutte le sfumature del verde e dell'azzurro. Scelta davvero significativa. Ancora una volta: Tarkoskij, il nostro "Stalker", è pronto ad illuminarci con il suo sguardo.

Edited by MetalAngel - 19/10/2009, 22:22
 
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