Lo Zoo di Venere - A Zed & Two Noughts, di Peter Greenaway

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Moon Scythe
view post Posted on 19/10/2009, 18:03




Lo Zoo di Venere - A Zed & Two Noughts

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Titolo originale: A Zed & Two Noughts
Lingua originale: inglese
Paese: Gran Bretagna/Olanda
Anno: 1985
Durata: 115 min
Colore: colore
Audio: sonoro
Genere: drammatico, grottesco
Regia: Peter Greenaway
Sceneggiatura: Peter Greenaway, Walter Donohue
Interpreti e personaggi: Andréa Ferréol: Alba Bewick, Brian Deacon: Oswald Deuce, Eric Deacon: Oliver Deuce, Frances Barber: Venere di Milo, Joss Ackland: Van Hoyten
Fotografia: Sacha Vierny
Montaggio: John Wilson
Musiche: Michael Nyman
Suono: Charles Waddington Ware, Matthew Whiteman
Scenografia: Ben van Os, Jan Roelfs
Costumi: Constance De Vos, Patricia Lim
Vietato ai minori di 14 anni
Sconsigliato ai deboli di stomaco

Un incidente, provocato da un cigno che si abbatte sul parabrezza di un'automobile, causa la morte di due donne e il ferimento di Alba, che è costretta a subire l'amputazione di una gamba. L'operazione la finisce un chirurgo-pittore che le amputa anche l'altra perché la donna risulti copia vivente dei suoi stravaganti quadri. L'incidente lascia vedovi due entomologi gemelli ex siamesi che lavorano per uno zoo filmando i tempi e le fasi di disfacilmento di animali morti. I due mutano in passione l'odio nei confronti della sopravvissuta.
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SPOILER (click to view)
*alba: "salve! sono la puttana dei mostri, e i gemelli siamesi divisi sono la mia specialità."

*van hoyten: "mi hanno già parlato dei suoi gusti e disgusti, i miei complimenti. io invece, signora, ammiro spudoratamente i cavalli. le cavalle gravide, specialmente. ho sempre sognato di riuscire a scopare una giumenta bianca pregna."
alba: "e l'ha mai provata?"
van hoyten: "in presenza sua e dell'eletta compagnia posso davvero dire tutto. una giumenta bianca mi ha fatto a pezzi, letteralmente. mi ha sbalzato e massacrato, eppure la desidero ancora dopo averla posseduta. il suo nome era ortensia."



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Giudicato uno dei migliori film di Greenaway.
SPOILER (click to view)
I due fratelli, entrambi etologi, Oliver e Oswald sono le due “O” o i due “zeri” del titolo originale. Dopo la morte delle mogli, i due, ossessionati dall’idea della decomposizione dei corpi, avviano una sorta di indagine per appurare le cause effettive che hanno portato alla sciagura. Intanto la terza donna coinvolta nell’incidente Alba Bewick (che dopo il fatto comincerà a farsi chiamare Leda) intrattiene una liason con i due fratelli, mentre un bizzarro chirurgo appassionato di pittura, comincia ad interessarsi al suo caso clinico ed una prostituta di nome Venere pratica la zoofilia con gorilla e zebre assortite…

Il concetto alla base del cinema di Peter Greenaway è un concetto puramente estetico. Lo stesso Greenaway lo ha dichiarato più volte: per lui il cinema narrativo è bello e defunto, bisogna percorrere altre vie, vie che tornino a sottolineare la piena consanguineità della settima arte con le altre arti figurative (pittura in primis). Ma il senso estetico dei film di Greenaway è simile all’idea della “profondità di campo” in una inquadratura: leggibile a svariati livelli, in omaggio allo spirito da onnipotente enciclopedista che anima il nostro Peter. C’è davvero di tutto in questo film, che forse è uno dei più ricchi di tutta la sua produzione: dall’interesse da documentarista di Greenaway per le scienze naturali (zoologia soprattutto) alla storia dell’arte (ancora una volta un quadro è al centro della scena: “La donna alla spinetta” di Jan Vermeer), dalla mitologia (il mito del Cigno e Leda, la leggenda dei Dioscuri) alla medicina, dalle numerologie strambe (di cui Greenaway ha sempre infarcito i suoi film) alla fotografia. Il tutto accompagnato da un diffuso senso di morte e putrefazione, filo conduttore di buona parte della filmografia del regista. Un complicato castello di costruzioni e (de)costruzioni quindi, un vero e proprio game a cui lo spettatore che decide di guardare il film non può sottrarsi, una cerebralissima “caccia al tesoro” alla ricerca di indizi disseminati e piste interpretative. Senza dimenticare il puro e semplice piacere visivo, quel piacere che, sempre secondo Greenaway, è comunque appannaggio dei pochi che possiedono una adeguata “cultura visiva” e sono già allenati alla fruizione della bellezza nell’arte. Affermazioni su cui si potrebbero aprire infinite parentesi…
Film che in definitiva può provocare effetti contrastanti nello spettatore, soprattutto se lo spettatore in questione non ha mai frequentato prima il bizzarro cinema greenawayano: può entusiasmare, può irritare, può disgustare, può sconvolgere, difficilmente può lasciare indifferenti. Una sola raccomandazione: non aspettatevi il minimo coinvolgimento emotivo. Cercare quello in un film di Greenaway sarebbe come cercare l’acqua nel deserto del Sahara.

Edited by Moon Scythe - 30/10/2009, 11:28
 
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Lucid Dream
view post Posted on 29/10/2009, 21:02




Ancora oggi ,non riesco a togliermi dalla testa il motivetto che accompagnava le varie decomposizioni. :rolleyes:
Per il finale mi aspettavo di meglio , ma va bene così ..mantiene cmq lo stesso ritmo iniziale.
Seppur il linguaggio usato è prevalentemente estetico non manca l'approccio filosofico e in questo caso metaforico.

SPOILER (click to view)
Una scena che ancora rammento è quella dello storpio ,senza gambe .. che parla di una specie di centauro immaginario,
descrivendo un ibrido tra la zebra e la donna.Ricordo che quando lui parlava io immaginavo tale essere.


In conclusione Lo Zoo di Venere è un film fatto da un ''Segaiolo'' , uno dei più grandi!!

Peter Greenaway masturba i cervelli! :rolleyes:

Edited by Lucid Dream - 30/10/2009, 11:45
 
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Moon Scythe
view post Posted on 30/10/2009, 11:27




quarto e quinto rigo usa l'opzione spoiler...
 
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Lucid Dream
view post Posted on 30/10/2009, 11:48




CITAZIONE (Moon Scythe @ 30/10/2009, 11:27)
quarto e quinto rigo usa l'opzione spoiler...

detto=fatto! -_-
 
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Moon Scythe
view post Posted on 30/10/2009, 12:02




CITAZIONE (Lucid Dream @ 29/10/2009, 21:02)
Seppur il linguaggio usato è prevalentemente estetico non manca l'approccio filosofico e in questo caso metaforico.

Beh, non vorrei che tu avessi frainteso le mie parole, quello che io intendevo non è che il linguaggio del film è "estetico". Lo è lo stesso film. Il concetto che impregna la pellicola. Ed in realtà può risultare metaforico, però vuole essere un tributo all'arte, quindi più che metaforico lo chiamerei citazionistico: ogni immagine ed ogni concetto rimanda ad un artista o ad un opera, volendo in alcuni casi addirittura ad un periodo artistico ed al suo relativo concetto (questa parola l'ho detta mille volte in 2 righe, mi spiace, ma non mi viene un sinonimo).
Per il resto, la filosofia è racchiusa quasi tutta nel concetto XD (uhahhahhhaha) di rasoio di occam. Per quanto "sbalorditiva" e contemporaneamente scontata può sembrare la risposta, è la prima che viene in mente. La più semplice. Quindi, in questo caso, quella più assurda. Che va poi a braccetto con il resto del film che continua imperterrito a seguire questa linea sino alla fine.
 
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Lucid Dream
view post Posted on 30/10/2009, 12:31




Non mi sono dilungato molto sulla cosa,e tranquilla avevo inteso il senso delle tue parole :lol: ... volevo aggiungere come al solito quello che ho sentito e provato .
Anche se , è difficile descrivere in forma molto dettagliata ( in questo caso recensire ) un film così . E come tu hai asserito all'inizio del topo(tipicXD)
citando Vermeer , il quale prende parte al film in modo passivo (o attivo a seconda dei casi).. il senso citazionistico è onnipresente e anche qui puramente voluto per giustificare parte dei temi trattati.

Edited by Lucid Dream - 30/10/2009, 16:26
 
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5 replies since 19/10/2009, 18:03   677 views
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